Situazione mentale 1. Flussi di pensieri vagabondi affollano la mente. A cosa pensi? “A niente”; ma quel “niente” è, più che altro, e pensare senza meta, senza un tema preciso, un divagare.
Situazione mentale 2. Immagini vaganti che transitano nella mente come uno scorrere di diapositive o di video compilation: ricordi flashes di eventi, dei gesti, di espressioni facciali.
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Situazione mentale 3. Estraniazione dal contesto presente come assenza inconsapevole, leggibile come distrazione, star tra le nuvole: una persona ben conosciuta potrebbe anche passarti davanti a pochi centimetri di distanza e tu potresti non accorgertene.
Situazione mentale 4. Stai male, non sai come raccontare il tuo malessere, anche volendo non sapresti neanche da dove cominciare, in questa difficoltà a raccontarti finisci con il non parlare.
Situazione mentale 5. Non sei abituata/o a raccontare di te, non lo fai mai; è che proprio non ci riesci, non ti viene di farlo anche se talvolta pensi che dovresti.
Situazione mentale 6. Ti capita di pensare che dovresti parlare anche un po’ di te, ma poi pensi che risulteresti noioso/a, oppure che qualcuno potrebbe pensare male di te, oppure che non ci si può fidare degli altri.
Di queste condizioni mentali, per una persona chiusa in sé stessa, ve ne possono essere anche altre; spesso anche concomitanti. A te capita?
Un ansioso sociale, una persona timida tutta racchiusa in sé vive una condizione di isolamento mentale, di solitudine della mente. Esternamente appare come una persona distratta, dallo sguardo vuoto, con una espressione facciale persa o triste, con la mente tra le nuvole.
L’essere chiusi in sé stessi è l’espressione di una condizione di solitudine relazionale e psicologica, il possibile sintomo di una di quelle forme di disagio che annoveriamo nella categoria delle ansie sociali. A lungo andare si trasforma in ritiro sociale.
Ci si chiude in sé stessi perché non si è avvezzi o esercitati al dialogo verbale, perché non ci si sa esprimere, perché non ci si sa raccontare, per paura del giudizio negativo altrui, per il timore di non essere accettati, per l’idea di non essere all’altezza e di non avere le giuste capacità o abilità.
Ci si chiude in sé stessi anche per abitudine, tanto da farlo col motore automatico, perché lo si è sempre fatto e, oramai, è la normalità della propria vita.
Quasi tutte le persone chiuse in sé stesse vorrebbero non esserlo ma il cambiamento appare come qualcosa di improbabile, una chimera, impossibile.
Il proprio futuro appare come uguale al presente che è ripetizione del passato, una condizione di prigionia a vita: non c’è via d’uscita.
Questa condizione mentale e psicologica favorisce il permanere di un quadro cognitivo con credenze disfunzionali, lo rafforza, lo radicalizza; favorisce il perseverare dei flussi di pensieri previsionali negativi e, di conseguenza, la scelta dei comportamenti evitanti.
La paura degli altri si fa strada, talvolta, in maniera subdola, inconscia. Spesso, questo tipo di timore si accompagna, in parallelo, alla paura di sé stessi per quelle presunte credenze sul sé incentrate sull’idea di inadeguatezza e, dunque, alla paura di arrecare danno alla propria persona.
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