28 agosto 2010

Emilio Longoni: L'oratore dello sciopero
È possibile superare la paura di parlare in pubblico, o quantomeno si può imparare a gestirla in modo adeguato.
Ma come nasce questo timore che a volte si trasforma in vero e proprio terrore?
È uno dei casi tipici dell’ansia da prestazione. Esporsi al pubblico per molti equivale al dover dimostrare in modo inequivocabile competenze ed abilità che sono sottoposte al severo giudizio degli altri. L’oggetto della paura non è la prestazione in sé, ma le conseguenze immaginate di una cattiva esecuzione. La persona ansiosa concentra tutta la sua attenzione sui possibili eventi o fenomeni negativi, riferiti a se stessa, che possono manifestarsi l’intervento pubblico e la valutazione delle ripercussioni, sempre negative, che tali fattori generano come reazione altrui nei suoi confronti. Dunque, da una parte, l’ansioso pensa ai fenomeni fisiologici e psicologici, avvertibili dal pubblico, come il tremore, l’eccessiva sudorazione, il rossore al volto, il balbettare, l’incespicare sulle parole, il blocco della funzione vocale, l’amnesia nervosa, la visibilità del proprio stato ansioso; dall’altra parte pensa al giudizio degli altri che ne conseguirebbe anche in termini catastrofici, come il perdere la faccia, la credibilità, il crollo del valore personale e/o professionale, l’essere considerato incompetente, incapace, falso, non valido, inetto, la perdita del proprio ruolo sociale e/o professionale, la perdita del lavoro, il fallimento, l’emarginazione, la povertà, l’umiliazione.

20 agosto 2010

L’amore è senz’altro un problema scottante per chi è preda della timidezza. Quando ci si vuole approcciare ad una persona dell’altro sesso, nella mente di chi è timido/a, si affacciano pensieri che suggeriscono solo vie di fuga, di rinuncia. La paura prende corpo e si presenta in molte forme, l’ansia è una di queste, e spesso è l’unica che il soggetto percepisce in modo chiaro ed evidente: il rossore al volto, il sudare freddo, sensazioni viscerali, tremori, il senso di oppressione al petto.
Paura ed ansia si alleano costituendo un cocktail micidiale che si ferma solo con l’evitamento.

De Chirico: pianto d'amore
Cosa pensa chi è timido/a in queste situazioni? Sono diversi i pensieri e le considerazioni che possono venire in mente, facciamo qualche esempio:
non le/gli piaccio
sono brutto/a
se mi dice di no?
di sicuro non appaio interessante
penserà male di me
mi renderò ridicolo/a
ma io non ci so fare
sono vuoto/a
che gli/le dico? non ho niente da dire
magari mi riderà in faccia e diventerò il balzello di tutti
se va male che figura ci faccio…. come potrò farmi vedere in giro
e se non mi pensa proprio?
mi farò rosso/a come un peperone e farò una figura di merda
e se mi metto a balbettare? Che vergogna!
non sono abbastanza abile per questo
e se si accorge che sono imbranato/a?
non sono all’altezza della situazione
che diranno gli altri quando sapranno che mi ha respinto/a?
che farò, gli altri giorni, quando la incrocerò per strada, dopo che mi avrà detto di no?
Ma perché dovrebbe interessarsi ad uno/a come me?
Sono una frana
Quelli come me non interessano a nessuno
Sono troppo diverso, per essere accettato
Mi rifiuterà perché non sono alla moda
Non sono neanche divertente
Non sono cinico come gli altri, non l’attirerò mai
Non appartengo al suo mondo, lei/lui è attratto/a da altri tipi

2 agosto 2010

Benché sia ancora ampiamente dibattuta una sua definizione, è comunque condivisa l’idea che l’intelligenza sia uno strumento preposto all’adattamento all’ambiente attraverso la funzione di risolvere problemi con diverse strategie. Sembra evidente che la materia prima, che l’intelligenza “lavora”, sia il “conosciuto”, inteso come un insieme di esperienze, apprendimenti ed emozioni acquisite nel corso della vita propria. Essa elabora quindi dati di conoscenza che sono disponibili nella memoria o che si presentano nelle situazioni contingenti ed ai sensi percettivi.
Gli schemi cognitivi che ne derivano sono quindi in funzione degli elementi che l’intelligenza può processare, faccio un esempio:
Aristotele riteneva che le stelle fossero immobili, eppure era intelligente quanto una persona della nostra epoca, la ragione sta nel fatto che ai suoi tempi egli non disponeva della tecnologia e di quelle conoscenze matematiche e scientifiche che hanno permesso all’uomo moderno di scoprire la verità. La sua intelligenza, dunque, elaborava idee sulla base di ciò che aveva a disposizione.

Accade lo stesso ancora oggi; noi elaboriamo le nostre idee in relazione a ciò che conosciamo e che abbiamo appreso in modo diretto o indiretto, per trasmissione, per similitudine, per imitazione, attraverso le emozioni, i suoni, la tattilità, la verbalità, la percettività.