30 novembre 2011

La timidezza esplicita un sentimento di paura e questo, a sua volta, è la reazione emotiva alla percezione di sé o degli altri.


Sappiamo che i sentimenti di paura, insieme alle conseguenze derivanti dai propri comportamenti, sono gli unici fattori di cui una persona timida è realmente consapevole. 


Tutte le altre valutazioni "coscienti", che un soggetto timido fa su se stesso, sono attribuzioni di causa errate, in quanto costruite su modelli interpretativi della realtà fortemente influenzate dalle proprie condizioni emotive.


Pedro Pintor - quiero pintar como un nino
La persona timida tende a valutarsi in funzione dei risultati che ricava dalla sua interazione sociale e di cui è portato a prendere in esame solo gli elementi negativi. Nonostante siano coscienti che le esperienze negative sono un portato della timidezza, finiscono con l'assecondare proprio quelle istanze interiori che sono le generatrici del proprio disagio.



22 novembre 2011

La premessa.

La timidezza è una condizione mentale che percepisce, interpreta, valuta e prefigura gli eventi come momenti di rischio fortemente penalizzanti per se stessi, che si manifesta, all'esterno, con comportamenti inibiti e rinunciatari, in genere accompagnati da stati d'ansia.


A determinarne e caratterizzarne le varie forme con cui si manifesta sono, da un lato, un apparato cognitivo disfunzionale in una o più credenze che ne costituiscono l'insieme nella sua parte informativa, dall'altro i comportamenti abituali acquisiti e derivanti dalle disfunzioni cognitive.


Pablo Picasso - il pasto del cieco
Benché, nella maggior parte dei casi, le persone timide sanno di esserlo, essa viene percepita e considerata, a livello di consapevolezza, per via dei sentimenti negativi che provano verso se stessi e gli effetti penalizzanti che vivono sulla propria pelle come conseguenza della propria timidezza.



17 novembre 2011

Le persone timide, in genere, sono coscienti di esserlo e provano anche a darsi una spiegazione. Questi tentativi di autoanalisi, poggiano le proprie basi del ragionamento sulla percezione che hanno di sé, dell'altro da sé e sull'interpretazione dei fenomeni di relazione sociale.


Di fatto, quest'insieme di valutazioni è vincolato dal livello di consapevolezza della propria condizione che, muovendosi sul piano dello stato di coscienza, coglie solo ciò che affiora e che è la risultante dell'intero processo cognitivo viziato da convincimenti interiori profondi (credenze) disfunzionali.


Il risultato è che attribuiscono le cause dei propri disagi sulla base:



Umberto Boccioni - Stato mentale
  • Dei ragionamenti figli di distorsioni cognitive;
  • Delle interpretazioni emotive; 
  • Degli effetti della propria condizione;
  • Dei fenomeni psicologici che possono essere considerati cause di livello intermedio e che costituiscono, pertanto, quegli effetti che generano, a loro volta, successivi esiti. Si tratta cioè, di fattori che vanno ad alimentare il circolo vizioso della timidezza, e delle varie forme dell'ansia sociale.




9 novembre 2011

Il passato, nel disagio dell'ansia sociale, è punto di riferimento costante nelle attività di pensiero rivolte, non solo, ai tentativi di autoanalisi che ogni sofferente attua verso se stesso, ma anche alla costante tendenza all'aspra autocritica, e alla rivisitazione degli eventi vissuti, di cui non si riesce ad avere un atteggiamento mentale di accettazione e/o di superamento.


Il rimuginìo è sicuramente l'elemento più emblematico e caratteristico di questo rapporto maniacale, che il soggetto timido e l'ansioso sociale in generale, ha con la propria storia individuale.


Se il rimuginìo costituisce la non accettazione degli esiti negativi della propria esperienza, lo sforzo di autoanalisi rappresenta il tentativo di dare una spiegazione plausibile alle cause di tali esiti, e di ricercare gli errori presunti commessi da se stessi.


Lo spirito con cui una persona timida si spinge nella ricerca degli errori propri, è quasi sempre improntata alla tendenza verso un’implicita e aprioristica autocondanna, che nella fase conclusiva di tale processo viene a esplicitarsi.


Picasso - Donna che piange con fazzoletto
L'ansioso sociale, in questa ricerca nel proprio passato, e in modo quasi ossessivo, dell'origine del proprio male, abbandona del tutto il proprio presente, che gli appare inconsistente nell'ottica investigativa.


Il problema è che il passato, e con esso gli eventi succedutisi nel corso del tempo, sono già dati, consumati e, pertanto, immodificabili.



2 novembre 2011

Come ho già affermato in altre occasioni, per comportamento s'intende ciò che si fa e ciò che si dice.


Tutti quanti noi, riusciamo in modo più o meno oggettivo, a interpretare i tipi di sentimenti, emozioni, disponibilità relazionale, condizione umorale, eccetera, attraverso la mimica facciale, la postura, la gestualità, gli sguardi, il tono della voce, il modo di parlare. Questa riconoscibilità di stati d'animo, in parte è appresa per via esperienziale, e in parte è innata. 


Watzlawick afferma che non è possibile non comunicare: un individuo, qualunque cosa faccia, trasmette dei sensi e/o dei significati, e ciò indipendentemente dalla sua intenzionalità. Persino il non fare è comunicazione.


Comunemente si usa dire che il comportamento si apprende, in realtà a essere appresa è la cognizione del comportamento.


Benché l'ansia sociale sia una condizione mentale che fa riferimento a convinzioni interiori profonde (credenze) riguardanti se stessi, gli altri e il mondo circostante, una persona ansiosa è riconoscibile - all'esterno - solo attraverso i suoi comportamenti. Ciò perché egli pone in essere il proprio percepirsi, o il percepire l'altro da sé, per mezzo di atteggiamenti corporei, azioni e linguaggio verbale.


Marc Chagall - io e il villaggio
Ogni comportamento costituisce l'espressione esterna di un processo cognitivo. Concretizza le scelte e quindi le decisioni dell'individuo.


Così come accade per alcune categorie di pensieri, molti comportamenti sono automatici. Diventano tali perché entrano nelle abitudini dell'individuo e quindi sono posti in essere in modo ripetitivo. 


Nonostante ci sia sempre consapevolezza di un comportamento, in determinati casi un tale grado di coscienza viene a ridursi proprio per effetto dell'abitudine.


Gli ansiosi sociali sono riconoscibili anche perché utilizzano determinati comportamenti che, oltre ad essere abituali, sono anche tipici dell'ansia sociale.
Una persona timida tende a tenersi in disparte, a essere poco loquace, a fare scena muta quando è in gruppo, a evitare l'incontro con persone che non conosce o che gli interessano particolarmente, ad avere una vita solitaria o con pochissimi contatti.


Un individuo è timido, perché ha convincimenti profondi negativi (credenze) su di sé, che riguardano le proprie capacità, abilità, competenze, potenzialità, appetibilità, l'essere poco o per nulla attraente come persona, il non amabile, il non suscitare interesse da parte degli altri, il non sentirsi un pari degli altri.


È timido perché in conseguenza di queste credenze, egli sviluppa altri tipi di pensieri che lo descrivono come soggetto perdente o lo vedono come tale in ogni attività di previsione degli eventi.


È timido perché a conclusione di quest’attività di analisi, valutazione e previsione, egli determina dei comportamenti che riflettono fedelmente e rigidamente il proprio senso d’impotenza, d’incapacità, di fallimento. 


Questo avviene nelle situazioni sociali cui è chiamato a far fronte, ma contemporaneamente, e anche fuori da tali situazioni, incurvando le spalle, ponendo lo sguardo fisso a terra, tenendo la testa abbassata, anche se inconsapevolmente e attraverso questa fisicità, egli "rappresenta" la propria condizione mentale. 


Una volta che la condizione interiore di una persona timida acquisisce un linguaggio fisico esteriore, questo diventa il modo di essere nel mondo esterno a sé, la esternalizzazione corporea della timidezza diventa un fatto abituale, sistematico, automatico: si radicalizza in quell'individuo diventando un tratto caratteristico della sua personalità.


È proprio partendo da quest'ultima osservazione, che possiamo comprendere quanto sia difficile, per un soggetto timido, riuscire poi a cambiare comportamenti che si sono profondamente radicati nelle sue abitudini.


Nonostante ciò, è possibile cambiare queste abitudini, sostituendole con altre, attraverso un metodico impegno nel ripeterle con assiduità. Infatti, solo creando nuove abitudini, è possibile sostituire quelle vecchie.