30 ottobre 2012


Quando una persona timida deve affrontare una situazione all'interno di un contesto sociale, l'attività del processo cognitivo si caratterizza per alcune peculiarità tipiche di chi è preda di una qualunque forma di ansia sociale: i pensieri sono improntati da valutazioni negative.

Attivatesi quelle credenze di base, che hanno delineato una definizione di sé, come soggetto inabile o incapace di operare con efficacia in determinati contesti o situazioni, la valutazione dei propri mezzi esprime un giudizio di insufficienza. In alcuni casi le credenze di base possono aver delineato una definizione degli altri o del contesto sociale, come indisponibile o escludente, in tal caso a esprimere un giudizio di insufficienza è la valutazione della risposta proveniente dall'esterno. 

Questi due tipi di giudizio, quello rivolto verso se stessi e quello verso l’esterno, possono sussistere sia come fenomeno singolo, sia essere interagenti tra loro.


Max Ernst - frutto della mia esperienza
Comunque sia, la fase della valutazione che esprime valenze negative, determina un'attività previsionale degli eventi, che muove in modo unidirezionale: la proiezione verso esiti che descrivono risultati risibili, fallimentari, catastrofici e le cui conseguenze vanno dal pubblico dileggio all'emarginazione sociale, alla cronica solitudine.

Le previsioni negative sono spesso espresse attraverso i pensieri automatici negativi, e sovente, si presentano sotto la forma di immagini mentali. Le previsioni negative possono anche essere descritte come una sorta di film che si interrompe bruscamente con l'esito negativo, e che non va mai oltre tale momento: infatti, questo prefigurare il futuro prossimo, non ha un the day after, tutto si ferma al momento del fallimento, della catastrofe, il film non continua. 


23 ottobre 2012


Quasi tutte le persone timide, tra le situazioni che procurano loro ansietà, indicano quello di incrociare gli sguardi degli altri. Per molti è vissuto come rapporto di forza e, d'altra parte, nel pensare popolare, non riuscire a reggere lo sguardo altrui è dimostrazione di debolezza, talvolta costituisce uno di quei fattori che determinano i livelli gerarchici all'interno di un gruppo o nelle relazioni interpersonali.
Probabilmente è anche il comportamento evitante più diffuso nella popolazione dei soggetti afflitti dalle varie forme di ansia sociale.

Gli occhi sono considerati uno strumento, per certi versi, diabolico. Appaiono ora come avidi lettori dell'intimità individuale, ora come comunicatori della profondità del nostro animo, ora come strumenti di sfida, di resa o di conciliazione.

Pellizza Giuseppe Da Volpedo - membra stanche
La percezione di queste loro peculiarità fa degli occhi, organi da amare o temere. Nel caso degli individui afflitti da una qualche forma di ansia sociale, come la timidezza, gli occhi sono sostanzialmente da temere, proprio perché ritenuti capaci di andare al di là dei veli.


15 ottobre 2012


Molti modi dell'agire delle persone timide pregiudicano le loro possibilità di relazione interpersonale, in primo luogo gli evitamenti, ma anche comportamenti impacciati o di fuga.
Nella determinazione finale di tali comportamenti concorre, da un lato il subentrare dell'ansia, dall'altro la manifestazione delle emozioni, di cui la paura ne è l'espressione principale: fondamentalmente del rifiuto e del fallimento.

Nel mondo dei pensieri degli individui timidi, i timori del rifiuto e del fallimento tendono a intrecciarsi e a essere vicendevolmente, l'uno, conseguenza dell'altro: si può essere rifiutati perché si è falliti, e si può fallire perché rifiutati. 

S. Dalì - segnali di angoscia
Ciò implica che ci sono due modalità attraverso cui il soggetto timido si rapporta all'esterno: la focalizzazione prevalente introversa e quella prevalente estroversa.

Se il timore del fallimento muove principalmente in direzione delle percezioni negative di sé, la paura del rifiuto si riferisce in primo luogo a come gli altri ci percepiscono.

Nel dialogo interiore, con la paura del fallimento, l'individuo, come soggetto sociale, si auto pone in balia di se stesso, delle proprie inabilità o incapacità e gli altri appaiono come enti operanti di seconda istanza; nel timore del rifiuto, la logica si capovolge, l'altro diventa l'elemento centrale da cui discendono valutazione e giudizio, mentre l'auto percezione di sé tende ad assumere la connotazione di fattore riflesso.


4 ottobre 2012


In molti casi, quando si trova in strada, in luoghi o locali dove c'è la presenza di altri individui, la persona timida si sente osservata, ha la spiacevole sensazione che gli occhi degli altri siano puntati sulla propria persona. In queste circostanze, la mente dell'individuo timido, sentendo su di sé lo sguardo altrui, è pervaso da pensieri automatici che lo pongono in una condizione di dubbio o d’inadeguatezza. 

Molti sono i tipi di pensieri che possono balenare nella sua testa: dalle più banali come il pensare che il proprio abbigliamento non sia adatto o che i suoi movimenti possano essere scomposti, alle idee più complesse come quelle di credere che dalla propria persona, possano trasparire aspetti della propria personalità o qualità, che esprimono un senso d’inidoneità in un qualche campo del proprio essere soggetto sociale, o addirittura semplicemente umano. 


Eugene De Blaas - la spiona
E ciò non accade solo per gli individui timidi, ma a tutti coloro che sono afflitti da qualsiasi forma di ansia sociale, anzi, quella del sentirsi osservati, può trasformarsi anche in fobia sociale.


Gli individui timidi nel momento in cui si calano negli spazi sociali, cominciano a percepirsi strani, distorti, diversi, senza rendersene conto cercano, nel mondo popolato di uomini, conferme al proprio negativo sentire. È come se la loro presunta diversità sia una divisa riconoscibile, un marchio di qualità decadente ed evidente, un segno dimostrativo di essere fuori dalle regole, dai costumi, talvolta persino fuori dai canoni etici o morali, fuori dalla società positiva.

La nudità del proprio mondo interiore esposta alla mercé del giudizio altrui, con le sue nefaste conseguenze.