26 gennaio 2013


Tutte le paure di chi è afflitto da qualsiasi forma di ansia sociale, quindi anche delle persone timide, sono riconducibili al sentimento della perdita.

Questo può essere definito come quel sentimento che esprime il rischio di trovarsi nella condizione di essere soli, esclusi, emarginati, discriminati. La perdita è, pertanto, il venir meno di un riconoscimento sociale positivo, di relazioni interpersonali più o meno stabili, di un ruolo sociale attivo e/o produttivo. Dunque, l'oggetto di tale sentimento è ciò che si perde, cioè, la faccia, l'amore, l'amicizia, il rapporto di conoscenza, il ruolo sociale.

Negli individui timidi, il rischio della perdita può essere collegato a uno o più ambiti delle definizioni interiori della realtà sociale che possiamo suddividere in tre indirizzi:

  • La definizione del sé, intesa nella sua valenza sociale e, dunque, in ragione delle abilità nelle relazioni sociali, delle capacità di far fronte efficacemente a situazioni in cui si riveste un ruolo sociale o di relazione, e in cui si può essere sottoposti a giudizi altrui, all'essere o meno amabile o meritevole di amore, all'essere o meno interessante o attraente come persona.
  • La definizione dell’altro, nel senso della generale inclinazione alla disponibilità o meno nei confronti altrui e delle diversità, della generale propensione o meno all'accettazione, della generale tendenza al giudizio.
  • La definizione del mondo inteso come consesso sociale con proprie regole, principi e costumi che possono determinare l'inclusione o l'esclusione sociale.

Bocklin Arnold  - the isle of the dead
È proprio in questi ambiti che emerge la fragilità interiore di una persona timida o qualsiasi ansiosa sociale. 
La percezione di sé, come soggetto inadeguato a vario titolo, l'idea dell'altro come figura cinica o indisponibile, la concezione del mondo come società escludente, emarginante, produce, nell'individuo timido, paure piccole o grandi di sconfitte che conducono al proprio annichilimento sociale.

Perché il sentimento della perdita assume una così grande importanza? L'uomo è un animale sociale e, nello stesso tempo, vive inserito in una realtà materiale d’interdipendenza dovuta alla strutturazione sociale della comunità umana. La società dell'uomo è una struttura complessa costituita da individui interagenti per necessità, funzionalità, praticità, bisogni naturali che si sono trasformati, nel corso della sua evoluzione, in valori culturali e di costume. Ma l'uomo ha anche sviluppato una psiche fortemente correlata ai fattori e ai valori che sono andati costituendosi come sovrastruttura di sostegno dell'unione sociale complessa. L'autosufficienza individuale, benché per certi versi sia ancora possibile, è realizzabile solo in danno dell'individuo stesso.

Ciascuno di noi può rendersi conto, quotidianamente, cosa comporti l'emarginazione, la solitudine, l'esclusione, la mancanza di una vita affettiva.
Gli ansiosi sociali, e dunque, anche le persone timide, vivono sulla propria pelle i pesanti costi di una condizione limitata del proprio vivere sociale.
La paura di relazionarsi alle persone sconosciute, di incorrere nei giudizi negativi degli altri, del fallimento, del subire un rifiuto, di crearsi inimicizie, del deludere gli altri, produce o nasce da previsioni negative che hanno, come conseguenze finali, il proprio annientamento sociale, che equivale anche al fallimento di sé non soltanto come soggetto sociale, ma come persona nella sua essenza materiale, psichica e umana.

18 gennaio 2013


Sia nelle forme di ansia sociale che nei disturbi dell'umore, come la depressione, i pensieri automatici negativi sono spesso caratterizzati dalla loro natura giudicante.

È vero anche che i pensieri negativi giudicanti possono essere diretta espressione di credenze di base piuttosto che una derivazione mediata di queste ultime. L'assegnazione dei giudizi insiti nelle attività mentali, alla classe dei pensieri automatici negativi o all'espressione diretta del sistema di credenze, dipende sia dal contesto situazionale che induce tali risposte mentali, sia dalla tipologia delle risposte stesse.

Il pensiero giudicante si presenta come valutazione che riguarda la globalità della persona, ha quindi carattere di valutazione generale che delinea assunti fondamentali e può manifestarsi in diverse forme:
Bruno Ceccobelli - io centro

  • Come giudizio diretto, in tal caso la forma globale di giudizio, fa sì che sia caratterizzata da frasi nette e sintetiche che contengono, in sé, tutto il senso emotivo della percezione di se stessi, quando queste coincidono con le credenze di base, assumono anche valore incondizionato. Questi pensieri giudicanti sono del tipo, sono un fallito/a, sono stupido/a, sono ripugnante, sono un vero coglione, sono un essere inutile, sono noioso/a, sono cattivo/a, sono una nullità, non sono amabile, sono inferiore agli altri, sono brutta/o, sono un imbecille.
  • Come giudizio indiretto, in questo caso i pensieri giudicanti tendono ad avere carattere normativo, esprimono cioè regole che determinano, sostanzialmente, una serie di divieti comportamentali. Il giudizio, in queste forme di pensiero, è sottostante, implicito nella giustificazione della norma stessa. In altri casi tale caratteristica li rende poco intellegibili e, pertanto, la persona timida che vi ricorre non ne ha né consapevolezza, né coscienza. In parole povere si tratta di pensieri che, pur non esprimendo un giudizio esplicito, lo sottintende sia come fattore aprioristico, sia come conseguenza di un dato comportamento. Possiamo intravvedere ciò in pensieri del tipo, bisogna sempre fare le cose in modo perfetto, bisogna sempre essere il/la migliore, mi lasciano sempre tutti, concludere sempre ciò che s’inizia, non bisogna mai esprimere il proprio pensiero, è meglio che sto zitto.


11 gennaio 2013


Da un punto di vista neurologico sappiamo che questa manifestazione, che rappresenta nella cultura simbolica collettiva, la timidezza, è correlata a un aumento delle attività dell'amigdala, che è una struttura del sistema limbico, ed è deputata alla gestione delle emozioni e interagisce nei processi di comparazione tra gli stimoli che riceve e le esperienze trascorse.

Secondo alcuni studiosi, la colorazione rossa, è una cortina tendente a coprire la parte del corpo più esposta alla comunicazione sociale, ma paradossalmente, produce l'effetto opposto, rendendo evidente un forte stato emotivo.

L'arrossire è dunque la manifestazione fisica di uno stato emotivo che generalmente esprime una condizione di vergogna o d’imbarazzo. 
Quando si manifesta questo fenomeno, la persona timida, può vivere particolari esperienze che sono sostanzialmente classificate in tre forme: 
Lawrence Alma Tadema - la timidezza

  • Il desiderio di scomparire, diventare invisibile; il timido in questa condizione si sente sprofondare, diventare un'entità infinitesimale, ridicolo, insignificante, può anche provare il sentimento dell'umiliazione.
  • La pietrificazione, il sentirsi o l'essere bloccati, l'irrigidirsi, sensazioni che possono anche essere accompagnate da sudorazione; il soggetto timido, non sa come reagire, si sente incapace di rispondere in quella circostanza.
  • Il senso di nudità, la persona timida è cosciente del carattere evidente di tale fenomeno che è sotto gli occhi di tutti, si sente disarmata, è esposta non solo all'osservazione ma anche al giudizio degli altri, sente di essere stata scoperta nelle fragilità della propria intimità.