19 febbraio 2013


Come avrete notato, da alcuni mesi, sto trattando di aspetti specifici e particolari, tipici delle forme di ansia sociale e dei disturbi dell’umore.
Tutti questi aspetti, come quello di cui tratterò oggi, sono operativi nei comportamenti e sono impliciti in gran parte dei pensieri. In comune hanno il fatto di non raggiungere uno stadio di consapevolezza e nemmeno di coscienza, in parole povere, i soggetti ansiosi, e quindi anche le persone timide, non hanno la benché minima idea che nella loro mente vi siano di queste dinamiche mentali, né si rendono conto che i loro comportamenti obbediscono alle leggi di tali dinamiche.

Le persone afflitte dall’ansia sociale non fanno altro che tentare di proteggersi da quelle che considerano le conseguenze nefaste di ciò che sono convinti di essere, o delle carenze che ritengono di avere. 


Giorgio Celiberti - uccello nella gabbia
Le credenze disfunzionali, e cioè, quelle che ho più volte definito come interpretazioni emotive della realtà, condizionano a tal punto la vita pratica dei soggetti timidi e degli ansiosi sociali, da rendere la loro esistenza, una sorta d’incubo romanzato. 
Queste, inducono a percepire gli eventi, le situazioni in cui l’individuo ansioso vi partecipa, o vi è presente, o vi è spettatore, in qualità di soggetto sociale, come una selva piena d’insidie: pericoli, rischi, considerati o vissuti emotivamente come futuro prossimo e remoto certo e inesorabile.


14 febbraio 2013


Premessa introduttiva


Sappiamo che le credenze sono modelli interpretativi del mondo reale. Quelle che riguardano l’ansia sociale, e quindi anche la timidezza, sono le credenze relative ai modelli interpretativi del sé, degli altri, del mondo sociale. Sappiamo anche che tali credenze si manifestano attraverso i pensieri e questi, a loro volta, attraverso i comportamenti (cioè quello che si dice e quel che si fa).

Come ho più volte scritto, i pensieri, nel dialogo interiore, possono manifestarsi in diverse forme: in quella verbale, cioè fatta attraverso le parole e che è la forma più abituale, sotto forma d’immagini mentali, fisse o in movimento, nella forma di puro atto di coscienza


Lucas Cranach - il giudizio di paride
Al di là della forma, la funzione dei pensieri si distingue in relazione alla fase del processo cognitivo in cui si attivano. Chi ha letto il mio libro “Addio timidezza” ricorderà che tale processo può essere sinteticamente suddiviso in: 

  • Interpretazione dell’evento.
  • Valutazione dei propri mezzi per farvi fronte.
  • Previsioni delle conseguenze in merito ai comportamenti ipotizzati o in merito all’evento in sé.
  • Scelta e decisione dei comportamenti come risposta agli stimoli ricevuti.



Il pensiero giudicante nell’ansia sociale


Il pensiero giudicante entra sia nella fase di valutazione dei mezzi per far fronte agli eventi, sia nelle fasi di previsione degli esiti e delle conseguenze, è fattore influente e vincolante nella scelta e decisione dei comportamenti. 


6 febbraio 2013



Sia la psicoterapia cognitivo comportamentale di prima e seconda generazione, sia quella di terza generazione, non si dispiegano nella logica del muovere "contro" ma "verso". 

Coloro che hanno vissuto l'esperienza della psicoterapia cognitivo comportamentale, così come quelli di voi che hanno letto il mio manuale "Addio timidezza", avranno notato che non si punta certo alla repressione di idee e comportamenti disfunzionali, ma a verificare la validità o utilità di pensieri e comportamenti o ad apprendere a convivere con i contenuti disagianti decentrandoli e deidentificandosi con le proprie esperienze interne.

Porsi nella logica del muovere "contro", comporta  un'attività mentale tutta orientata a ciò che si vuole rimuovere e che implica, inevitabilmente, lo stazionamento del pensiero proprio su quanto si vuole abbandonare. In parole povere ci si dà la zappa sui piedi. Infatti, la timidezza, o l'ansia sociale in generale, e con essa i pensieri disfunzionali che la caratterizzano, restano il tema centrale delle proprie attività mentali. Ciò significa che tutto ciò che è disfunzionale (pensieri e comportamenti) resta attivato e operante. Anche di questo fenomeno non si ha consapevolezza.


Paul Delvaux - il dialogo
Quando, per patologie non gravi, una psicoterapia cognitivo comportamentale dura più di un anno, significa che il lavoro di ristrutturazione cognitiva incontra un ostacolo che impedisce progressi oggettivi, significa che l'ansioso sociale non riesce a sostituire o riformare i propri pensieri e comportamenti disfunzionali.
Quando ci si trova in questa situazione di stallo, è necessario prendere atto che il percorso della ristrutturazione cognitiva o non è adatto al soggetto, o è un percorso prematuro che necessita di una fase preliminare o concomitante.


5 febbraio 2013


Quest'articolo nasce da lettere e commenti al blog, nei quali si evince una difficoltà nella comprensione del senso del ricorso all'accettazione.
Un mio gentile lettore ha recentemente commentato con questa frase: "come è possibile accettarsi, se la timidezza di per sé è una cosa del tutto negativa?" 
Comprendo perfettamente la difficoltà che può provare una persona timida, o comunque soggetto a una qualsiasi forma di ansia sociale, nel considerare l'accettazione come qualcosa di antitetico al desiderio di liberarsi dalla propria condizione limitante. Infatti, tale pratica è di difficile attuazione, ma non impossibile, per chi vive condizioni di disagio nel mondo delle relazioni umane.
Per chiarire meglio il senso dell'importanza dell'accettazione, mi sembra opportuno svolgere delle considerazioni secondo due aspetti essenziali, uno è legato all'esperienza della ricerca clinica, l'altro è il senso e il significato dell'accettazione.

Salvador Dalì - il miele è più dolce del sangue
Mi si permetta di iniziare con un’affermazione di base: la non accettazione della propria forma di sofferenza interiore, e in definitiva di se stessi, è un portato dell’ansia sociale stessa.

La condizione dell'essere soggetti all'ansia sociale, alla timidezza, è generata dai pensieri disfunzionali. 

Ora, senza entrare nel dettaglio sul perché o sul come si formano tali pensieri, che esula dalle intenzioni di quest’articolo, mi preme fare delle considerazioni sulla loro funzionalità e sul rapporto che s’instaura tra gli individui timidi (gli ansiosi sociali in generale) e i loro pensieri disfunzionali.