25 agosto 2014





Focalizzazione sul giudizio (distorsione cognitiva)

 Si considera se stesso, gli altri e gli eventi in termini valutativi (buono-cattivo, superiore-inferiore) anziché limitarsi a descriverli, accettarli o capirli. Si misura continuamente se stesso e gli altri, in base a standard arbitrari, concludendo che sono inferiori e focalizzandosi su queste conclusioni. "Non ce l'ho messa tutta all’università", "se giocassi a tennis, non sarei bravo", "guarda quanto successo ha lei. mentre io non sono una persona di successo".


I MITI COGNITIVI



Il mito della modestia

Paul Delvaux - alla porta
L’essere modesti viene considerata una virtù, un obbligo morale. I soggetti che credono in questo mito, hanno difficoltà ad accettare i complimenti e non sanno rispondere verbalmente, in modo adeguato, quando vengono espressi. Ne risulta anche una difficoltà nel parlare di sé in termini positivi. Nei soggetti ansiosi, tutto ciò si traduce in un’attenzione rivolta verso i punti deboli della propria personalità, nel rafforzamento di idee negative di sé, nella giustificazione e nella valorizzazione delle critiche provenienti dall’esterno, viste anche come conferma di quanto si pensa già di sé stessi e questo anche quando esse non sono appropriate.
La modestia rappresenta una deviazione o "coniugazione" negativa del concetto di umiltà che, invece, afferisce a un'idea di relatività del proprio ego nel contesto multiculturale della società. Se l'umiltà è espressione di consapevolezza delle proprie potenzialità e dei limiti oggettivi propri o in quanto soggetto umano, e all’autocontrollo delle forme di orgoglio o di eccessiva sicurezza di sé, la modestia rinnega, sminuisce o nasconde il valore soggettivo dell'individuo assoggettandolo a quello collettivo. Da tal punto di vista, la modestia è un valore svalutante della persona, dei mezzi e delle potenzialità del soggetto, uno svilimento di valore che non è mai supportato da elementi di valutazione oggettive.





Distorsioni cognitive




La lettura del pensiero  


Ci si convince di sapere cosa sta pensando un altro senza avere la minima prova o evidenza; si crede di sapere che cosa pensano gli altri senza avere prove sufficienti. 
ad es. “sta pensando sicuramente che sono un idiota”, “tutti quanti mi guardano, stanno sicuramente pensando che sono ridicolo”, “sta pensando che sono un fallito”, "quando entro in una stanza, sono certo che i presenti pensano di me che sono noioso e che bisogna starmi lontano", "le persone che cominciano a parlare con me, poi si allontanano perché pensano che sono poco interessante", "pensa che io sia un perdente". Questi pensieri, in una persona, si sviluppano quando l’attenzione si concentra sull’idea che gli altri lo hanno posto al centro del loro interesse, e sono intenti a valutarlo. 


L’etichettamento 

Consiste nell’applicare un’etichetta nel complesso della persona, sia verso se stessi che verso gli altri, sulla base di eventi o azioni specifiche. Si stabilisce il carattere o il valore di un individuo senza valutare la persona nella sua globalità. Basta un dettaglio per affibbiare un’etichetta a un soggetto, indipendentemente dalle sue altre qualità, è come fare di tutta l’erba un fascio, è il caso di pensieri come: “Ho fatto quell’errore perché sono un inetto”, “non ho preso l’esame, sono un incapace”.


19 agosto 2014




Con presente prima, delle tre parti in cui è suddiviso questo articolo,  presenterò, con una lunga carrellata, varie tipologie di pensieri che si manifestano nelle varie forme di ansie sociali e altri disturbi psichici. Queste categorie di pensieri che, in qualche caso possono anche contenere un fondo di verità, inducono, negli ansiosi sociali e nelle persone timide, ragionamenti dal carattere categorico; assumono, quasi sempre, valore assoluto. Per lo più si manifestano nei pensieri automatici negativi, in alcuni casi sono espressione di credenze intermedie, regolanti o condizionali. 


Distorsioni cognitive

Il pensiero dicotomico 

È il ragionare per estremi, senza soluzioni intermedie, o nero o bianco, si considera gli eventi o le persone in termini di tutto o nulla. "Nessuno mi vuole", "È stata una totale perdita di tempo",  “se faccio anche solo un minimo errore, perdo la faccia, penseranno che sono un idiota”. Il pensiero dicotomico conduce alla radicalizzazione dell'interpretazione degli stimoli sia esterni che interni, nella valutazione dei fenomeni o degli eventi, nella previsione degli esiti susseguenti all'evento, nella determinazione dei comportamenti da attuare. Tutto ciò comporta una rigidità del ragionamento e dei comportamenti conseguenti.


Salvador Dali - nascita dei  desideri liquidi

L’inferenza arbitraria 

È l’interpretazione di comportamenti ed espressioni verbali che si verifica quando si giunge a conclusioni senza che ci siano argomenti o prove sufficienti a dimostrarne la validità, postula un modello negativo globale sulla base di un singolo episodio. Ad esempio:  “Alberto mi è passato davanti fingendo di non vedermi”. L'inferenza arbitraria fa sì che da un dato oggettivo si deduce una verità scollegata al dato iniziale, si crea cioè una relazione forzata senza che vi sia alcuna logica oppure il portare le interpretazioni alle estreme conseguenze. Questo processo mentale viene svolto in modo grossolano e limitato, non prefigura alcun lavoro di ricerca ed elaborazione di collegamenti logici, di possibili alternative di interpretazione, della valutazione oggettiva del valore degli elementi che dovrebbero dimostrarne la validità del ragionamento.


12 agosto 2014

Nell’immaginario collettivo, la timidezza è sinonimo di ritrosia. Benché tale peculiarità non sia visibile chiaramente in tutte le forme della timidezza, la ritrosia è un chiaro indicatore dell’emozione principale che caratterizza questo disagio sociale, la paura. È però anche l’espressione dell’esistenza di stati d’inibizione.

Relazionandola alle ansie sociali, possiamo definire la ritrosia come una risposta comportamentale, indotta dalla percezione di una propria forte vulnerabilità che scaturisce dalla valutazione e interpretazione cognitiva di un evento o situazione. 

Salvador Dali - la nascita di liquide paure
Nel momento in cui, una persona timida, si percepisce vulnerabile rispetto a un contesto situazionale, un’esperienza o una condizione, si fa strada l’emozione della paura che predispone verso una strategia di fuga, la quale può rivelarsi in comportamenti evitanti, elusivi o di vera e propria defezione.

Il soggetto timido si sente nudo, privo di difese, trasparente agli occhi e alla valutazione altrui. Il suo timore più grande è che gli altri si accorgano delle inadeguatezze che è, consciamente o inconsciamente, convinto di avere.

Con la ritrosia gli individui timidi tendono a tenersi fuori dal rischio di ritrovarsi al centro dell’attenzione altrui, di dover assumere ruoli, o esperire performance, che li espongono al rischio di valutazione da parte degli altri.


4 agosto 2014

Sofia è insieme con amici e amiche, conversano, discutono, ma lei sente che gli altri sono tutti più intelligenti di lei, così se ne sta zitta.

Alberto ha il cuore in fermento per la donna di cui si è innamorato; lei è lì, a pochi passi. Lui vorrebbe approcciarla, ma alla sua mente giunge un’immagine che presuppone un rifiuto e inquadra le facce dei conoscenti che ridono di lui. Pensa: “Se mi va male, non posso più farmi vedere in giro”. Mesto mesto si allontana.

Rene Magritte - la magie noire
Ingrid vorrebbe fare un po’ di vita sociale, ma si sente esclusa, ha difficoltà a relazionarsi con gli altri, e anche con i suoi amici e amiche. Così sceglie di starsene rintanata nella sua cameretta a trascorrervi le sue giornate.

Oreste teme di arrecare disturbo nel relazionarsi con alcune persone, nonostante desideri farlo, se ne sta sulle sue, senza intervenire, distanziato da quel gruppo.

Angelina è terrorizzata all’idea di arrossire, così se ne sta lontano da tutte le situazioni che ritiene possano metterla in tale spiacevole situazione.

Matteo ha paura di sentirsi triste, fa di tutto per evitare di trovarsi in una condizione di tristezza. Anche se poi non ci riesce comunque.

Sono alcuni esempi di comportamento evitante. Di fronte all’idea di una conseguenza negativa al proprio agire o di situazioni in cui possono diventarne attori, le persone timide, e gli ansiosi sociali in generale, preferiscono ritrarsi, evitare l’evenienza.