22 settembre 2014


SECONDA PARTE

Le persone timide in amore, proprio per l’effetto delle credenze negative che hanno di sé, sono dominate dalla paura: timore di fallire, di essere respinti, di essere inopportuni, di non essere capaci di rapportarsi, di apparire ridicoli o inaccettabili, di diventare oggetto dell’ilarità o del giudizio altrui. 

Fondamentalmente, hanno il timore di base che le inadeguatezze che pensano di avere diventino evidenti agli occhi della persona oggetto del sentimento d’amore e, pertanto, di andare incontro a un insuccesso.

Gli schemi cognitivi disfunzionali, caratteristici nella timidezza d’amore, si concludono, generalmente, con metacognizioni e pensieri automatici negativi a carattere previsionale, che possono presentarsi sia in forma verbale, sia in quella di immagini. 


De Chirico - Oreste solitario
Ad esempio, pensieri del tipo: “e se non le interesso?”, “Lei non mi caga proprio”, “mi dirà di no e farò la figura del fesso”, “… magari mi riderà anche in faccia”, “se mi dice di no, è meglio che non mi faccio vedere in giro per un bel po’”, “mi rifiuterà, non ci so fare”, “non sono neanche cosa dovrei dirle”, “si accorgerà che sono un imbranato e penserà che sono un fallito”, “sarò il solito imbranato e mi rifiuterà subito”. 

I pensieri in forma di immagini mentali si presentano, in genere, come una sorta di istantanee flash che possono fissare volti che esprimono emozioni di rifiuto o di dileggio sia della persona oggetto del sentimento d’amore, sia di eventuali testimoni che ispirano il timore di giudizio negativo, sia momenti propri del rifiuto o dell’insuccesso. Le immagini mentali possono anche presentarsi in forma di “video” mentale ma di durata brevissima che si consumano in un arco temporale di qualche secondo.

I pensieri previsionali, che nel caso delle ansie da relazione presagiscono sempre esiti negativi, sono dunque quelli che producono una sopra valutazione esagerata della minaccia (il rifiuto, l’insuccesso, il fallimento, giudizio negativo altrui, eccetera). Questa valutazione di rischio elevato, vissuta come prossima o coincidente con la realtà, innesca i fenomeni emotivi e i sintomi d’ansia. Queste ultime, però, generano altre attività cognitive e metacognitive alimentando un processo circolare dell’intera attività di pensiero.

Gli evitamenti, le elusioni totali o parziali, la fuga, costituiscono il comportamento condizionato risultante sia dal processo cognitivo, sia dalle emozioni negative, sia dai fenomeni d’ansia e dall’interazione di questi tre fattori tra loro. Tuttavia, benché i comportamenti siano l’epilogo di una determinata situazione, svolgono anche una funzione di rinforzo dell’insieme degli schemi cognitivi e metacognitivi producendo alla perpetuazione, nel tempo, della timidezza d’amore.

L’insieme di tutte queste attività, cognitive, metacognitive, emozionali, ansiogene e comportamentali, determinano un fenomeno circolare che imprigiona il timido d’amore. Egli resta prigioniero di schemi mentali, stili di pensiero, comportamenti che diventano abitudinari e automatici, che lo inducono, ad ogni analoga situazione, a ripetere, quasi pedissequamente, sempre lo stesso iter cognitivo e comportamentale.

Nella timidezza d’amore, ma anche in tante altre forme di timidezza e ansie sociali, quando ci si rende conto del carattere reiterativo e storicizzato dell’insieme dei propri comportamenti e dei propri insuccessi, subentra anche la rassegnazione passiva alla propria condizione, fatto questo che può sfociare nella psicopatologia, veri e propri disturbi d’ansia o dell’umore.

16 settembre 2014

PRIMA PARTE


In quest’articolo utilizzerò la dizione popolare “timidezza d’amore”, per facilità espositiva, benché tale disagio rientri in diverse definizioni.

Come tutte le forme di timidezza, essa può manifestarsi con diversi livelli di ansietà e disagi, i cui comportamenti possono andare dal semplice impaccio nelle forme più lievi, al radicale evitamento in quelle più croniche.

È, probabilmente, la forma di disagio più raccontato nella letteratura e nel cinema, è anche quello che, più di ogni altro, rappresenta la timidezza nell’immaginario collettivo.

Dato che la timidezza è un fenomeno molto variegato, nelle forme, nelle intensità, negli ambiti in cui si manifesta, si sono creati diversi modelli di classificazione che, a tutt’oggi, fanno rientrare questa forma di ansia da relazione, ora in una classe, ora in un’altra, a seconda se il tipo di raggruppamento è stato operato in funzione delle caratteristiche individuali o in quelle delle espressioni sociali.


Silvano Bruscella - desiderio
Generalmente, la timidezza non si manifesta in un singolo ambito d’azione. Ciò per il fatto che le credenze e le metacognizioni sottostanti, ineriscono a qualità o inadeguatezze che investono diversi aspetti del vivere sociale. 

Ciò vale anche per la timidezza d’amore, la quale, in realtà, non sussiste come disagio specifico a se stante. Tuttavia, quella d’amore, può costituire l’ambito principale, o più evidente, in cui si manifesta la timidezza in determinati individui.

La centralità che, in un singolo soggetto, la timidezza d’amore acquisisce rispetto agli altri fattori coesistenti, è dovuta all’importanza che ricoprono, la natura gregaria dell’essere umano, l’istinto riproduttivo, il bisogno di affermazione dell’identità sessuale, la struttura funzionale della sessualità che è il piacere, la valenza sociale che acquisisce l’essere in coppia o l’accoppiamento in sé, la condizione affettiva, il valore che attribuisce all'affettività e/o alla sessualità.

Nelle sue espressioni più marcate, può essere socialmente molto invalidante, infatti, in tali casi, la persona timida non riesce a vivere esperienze sessuali o relazioni di coppia. In queste tipologie i disagi possono manifestarsi con comportamenti fortemente anassertivi, evitanti, con gravi carenze nella comunicazione verbale, con evidenti atteggiamenti posturali e altri elementi di linguaggio non verbale che trasmettono senso di dismissione.

Comunque le forme di timidezza d’amore più comune presentano minori livelli di ansietà e permettono vie d’uscita anche se accompagnate da patemi d’animo e difficoltà varie.

In precedenza facevo notare come la timidezza d’amore non sussista da sola per via del carattere multi ambito che hanno le credenze sottostanti che la alimentano.

Infatti, le credenze che si attivano nelle circostanze che fanno emergere questa forma di timidezza, sono inerenti a definizioni del sé che riguardano:


  • L’essere abile nelle relazioni sociali.
  • L’essere capace di far fronte, con efficacia, a determinate evenienze.
  • L’essere attraente o interessante come persona.
  • L’essere persona amabile o degna di amore.


Si comprenderà come il tema dell’adeguatezza, nelle sue varie sfumature, sia determinante in questo tipo di disagio, va però anche notato che, nella vita dell’individuo timido, il problema della competenza non può che ripercuotersi anche in altri ambiti nel dominio delle relazioni sociali.

Tuttavia, se le credenze negative attivate sono limitate al solo tema dell’accettabilità sociale, la timidezza d’amore si profila come manifestazione centrale o preminente nell’espressione della timidezza.




9 settembre 2014

Benché le ansie sociali, e quindi anche la timidezza, siano disagi di natura cognitiva, la loro percezione e/o riconoscimento avviene per mezzo dei fenomeni che le esternalizzano, cioè dai comportamenti, attuati da chi ne è afflitto, intendendo per comportamento, tutto ciò che si fa e si dice.

Tuttavia l’ansioso sociale ne acquisisce coscienza anche per i flussi emotivi interni che vive e per i sintomi d’ansia non percettibili esternamente.

In questo quadro di riconoscibilità della manifestazione di tali forme di disagi s’inseriscono buona parte delle inibizioni ansiogene.

Ma cos’è l’inibizione ansiogena? 

Alberto Sughi - andarsene
La possiamo definire come un fenomeno di origine cognitiva, generato da una valutazione di pericolo che determina emozioni negative, che si manifesta con forme di blocco mentale, censura, limitazione o impaccio nei comportamenti.

È anche descrivibile come una manifestazione d’ansia a seguito dell’insorgenza della paura

Da un punto di vista neurologico, vede coinvolto principalmente il sistema limbico, con l’amigdala che attiva le emozioni e l’ipotalamo che prepara l’organismo alla fuga.

In termini pratici, agisce come fattore di ostacolo al normale svolgimento delle attività cognitive di elaborazione, impedimento o freno di flussi alla coscienza di conoscenza e memoria, di disturbo dei processi affettivi, d’intralcio alle attività motorie, di disturbo o arresto nei processi decisionali, di preclusione alle funzioni di apprendimento, di paralisi o freno all’esercizio delle attività verbali.

L’inibizione ansiogena è tra le cause del mancato apprendimento di modelli di relazionamento sociale e manifestazione delle emozioni e sentimenti.

L’inibizione ansiogena è sempre alimentata da processi cognitivi e metacognitivi rivolti al futuro. I flussi di pensieri negativi che invadono la mente di una persona timida o di un ansioso sociale hanno, quindi, preminente carattere previsionale; ma una tale attività di previsione, presuppone un’elaborazione d’informazioni necessariamente attinte, in buona parte, dal sistema cognitivo che, in questi casi, presenta significativi elementi di disfunzionalità e disadattività.

L’attività previsionale, nelle ansie sociali, si conclude sempre con una valutazione negativa che, pertanto, prefigura scenari catastrofici, insuccessi, rifiuti subiti, giudizi negativi altrui, perdita di credibilità e valore, dimostrazione di vere o presunte inadeguatezze.

In questi contesti psicologici, la previsione negativa di un evento, o di una performance, perde il suo carattere ipotetico a favore a favore di una concettualizzazione della probabilistica possibilità come prossima o coincidente all’effettiva materializzazione.

Di fronte all’idea della debacle, l’individuo timido o afflitto da ansia sociale, che vive tale previsione come evento certo che sta per abbattersi su di sé, cade in preda alla paura e, in certi casi, al panico.

L’insorgenza della paura è l’elemento, definitivo e determinante, che introduce l’inibizione ansiogena. 

Ogni movimento, ogni pensiero, ogni espressione verbale sono costrette alla convivenza invadente, e ad alta intensità, con la paura e i sintomi dell’ansia.

Nella figura che segue, è rappresentato uno schema riassuntivo grafico del fenomeno, nel suo insieme, relativo a un soggetto timido che faceva sempre scena muta durante le conversazioni.