26 novembre 2014

La mente dell’uomo ha la necessità di acquisire cognizioni che lo pongano nella condizione di interpretare la realtà per poter far fronte, con efficacia, alle situazioni che gli si presentano e raggiungere i propri scopi. Costruisce, così, un insieme di modelli che descrivono o definiscono se stesso, l’altro da sé, cioè le persone, l’ambiente sociale con il quale ha contatto diretto, il mondo inteso sia come consesso sociale, sia come ambiente materiale. 

Zichy Mihaly - illusioni colorate
La costruzione di questi modelli, chiamate anche credenze, contempla anche la descrizione del tipo di relazione esistente tra le varie cognizioni acquisite, da cui scaturiscono anche le metacognizioni, cioè le valutazioni sui propri pensieri, la loro sistematizzazione e organizzazione operativa, in breve il modo e lo stile del pensare.

Giacché la funzione primaria è quella di interpretare, nel modo migliore possibile, gli stimoli provenienti dall’esterno o dall’interno, l’aderenza degli schemi cognitivi con la realtà riveste un’importanza fondamentale per le possibilità adattative dell’uomo, all’ambiente materiale o sociale in cui vive.

I pensieri non sono, per loro natura, la realtà, ma l'idea della realtà.


20 novembre 2014

Volontà e motivazione sono variamente definite. In questa trattazione ci interessa valutarle in relazione alla loro incidenza sui comportamenti e le elaborazioni cognitive nei soggetti afflitti dai fenomeni di ansia sociale, di timidezza.

In via generale possiamo descrivere la volontà come la disposizione, la capacità e la determinazione nel porre in atto un comportamento finalizzato al raggiungimento di un determinato scopo.

Possiamo definire la motivazione come il fattore che giustifica, da’ significato, e orienta il comportamento finalizzato al raggiungimento di uno scopo e dà la carica emotiva e intenzionale per la sua concretizzazione.

René Magritte - il liberatore
In un certo senso volontà e motivazione possono anche essere intese come variabili dipendenti dall’interazione tra bisogni, scopi, cognizione dei mezzi disponibili (compresi quelli propri), valutazioni di fattibilità e previsione delle probabilità di successo.

Per altro verso questi due fattori sono impulsi ad agire strettamente collegati tra loro. 

La volontà senza motivazione non sussiste: perché possa manifestarsi, ha bisogno di un’intenzionalità che delinea fattivamente uno scopo conferendogli significato e valore.

D’altro canto, la motivazione non è sufficiente al perseguimento di uno scopo senza un impulso, capace di superare le barriere emotive e contingenti, prerogativa, questa, che è propria della volontà.


11 novembre 2014



Il timore nasce verso ciò che non si conosce.

Il disagio nel rapportarsi agli altri costituisce il problema principale di tutte le persone timide o afflitte da altre forme di ansia sociale. 

Si tratta di un disagio che si manifesta in vari modi, con diversi gradi di difficoltà relazionali, in variegate forme di relazione, con varie espressioni dei sintomi d’ansia. Disagi che inducono gli individui timidi, o gli ansiosi sociali in generale, a fare scena muta nelle conversazioni, ad avere atteggiamenti ritirati in determinate situazioni sociali, a manifestare impaccio o evidente inibizione in tutta una serie di situazioni contingenti, o anche a evitare determinate esperienze di socializzazione.

Tiziana Trezzi - al di la...incontro all'ignoto
Questo disagio relazionale, però, non si manifesta con tutte le persone con le quali il soggetto ansioso entra in rapporto.

Nelle relazioni amicali caratterizzate da buoni rapporti confidenziali, nelle amicizie stabili o di vecchia data, è cosa normale che l'ansia non si manifesti. E ciò è vero anche nelle relazioni con i familiari più stretti verso le quali non vi sono situazioni di soggezione o conflitto. 

Ciò accade perché, sostanzialmente, la timidezza, e altre forme di ansia sociale, è paura dei giudizi e delle valutazioni negative altrui, per cui i fenomeni inibitori si manifestano nei confronti di coloro che non conosciamo a sufficienza, verso coloro di cui non sappiamo se possiamo fidarci, verso coloro che non ci conoscono a sufficienza. 

È verso questi soggetti che scatta il timore di giudizio e valutazione. 

5 novembre 2014

La timidezza comporta il provare un ampio insieme di sentimenti e/o emozioni che marcano ogni vicenda sociale vissuta e il rapporto con le proprie esperienze interiori.

Sappiamo che questi sentimenti d’infelicità, di fallimento, d’incapacità, d’invidia e di distacco, sono la conseguenza d’ inibizioni ansiogene che compromettono un normale ed efficace svolgimento delle attività sociali che la persona timida, l’ansioso sociale in generale, sperimenta nella propria vita.

Sappiamo anche che le inibizioni ansiogene scaturiscono da una percezione di rischio elevato nell’interpretazione degli eventi e delle esperienze interne.

Tuttavia, sebbene le dinamiche psichiche e fisiologiche, che si manifestano nella timidezza e nelle altre ansie sociali, abbiano il nodo cruciale nella cognizione e, dunque, nei pensieri e meta pensieri, l’insieme di questi fenomeni agisce in modo circolare, per cui ogni elemento finisce con l’essere causa ed effetto allo stesso tempo.

Carla Bedini - Ogni simmetria e generata dal senso di colpa
L’individuo timido tende a essere ipercritico verso se stesso o verso gli altri. Adotta, quasi sempre, doppi standard di misura: severo e spietato nell’indirizzo dell’ipercritica, comprensivo e accomodante verso chi non è oggetto di tale tendenza. Accade così che, ad esempio, riesce a perdonare, comprendere, giustificare gli altri ma non se stesso, in relazione a una medesima occorrenza.

Le credenze negative del sé e gli stili o modi del pensare, cioè le metacognizioni distorte, fanno sì che tutte le esperienze, vissute o interpretate negativamente, si ripercuotono su se stessi con l’effetto di confermare il valore delle idee negative di sé, rafforzare la perpetuazione dei meta pensieri negativi, alimentare l’automaticità dei comportamenti e dei pensieri disfunzionali.