30 settembre 2015


Con quanti pensieri una persona timida dice a se stessa che è inadeguata? 

Spesso se lo dice senza neanche accorgersi d'averselo detto; se lo dice quando si convince di sapere come andrà a finire; se lo dice quando deve fronteggiare una situazione; se lo dice dopo ogni rinuncia, ogni fuga, ogni evitamento, ogni insuccesso percepito; se lo dice quando stabilisce cosa fare o non fare; se lo dice con immagini mentali; se lo dice con puri atti di coscienza; se lo dice nel suo dialogo interiore:

Claudia Venuto - come in alto così in basso
Non sono capace di farlo”; “Loro sono più bravi di me”; “Se dico qualcosa, rischio di fare un gran figuraccia”; “So bene che non devo esprimere il mio pensiero”; “Non so cosa dire”; “Sono un fallito/a”, “Penserà che sono stupida/o”; “Se dico la mia penseranno che sono cretino/a”; "Il mio valore dipende da quello che gli altri pensano di me "; "per quel che ho fatto non merito niente "; ”Sono sbagliata/o”; “Sono difettosa/o”; “Ho qualcosa che non va”; Cos’è che non va in me?”; “Sono solo uno/a sfigato/a... la mia vita non ha senso”; “Uno che alla mia età' non ha né una macchina, né una vita sociale, né un fidanzato/a, è proprio un/a fallito/a”; “Mi sento ingenuo/a, stupido/a, cretino/a”; “Non conquisterò mai il suo cuore, sono incapace di farlo”; “Non sono capace di amare”; “Non ho preso l’esame, perché sono un/a incapace”; "Se ho paura di sbagliare all'esame, vuol dire che sono scarso/a"; "Il fatto che non riesco ad avvicinarmi alla persona che amo vuol dire che non sono capace di amare"; “Se non sono amato/a, vuol dire che sono sbagliato/a”; “Se gli altri non mi stimano, significa che sono un/a fallito/a”; “Se commetto un errore vuol dire che non sono affidabile”; “Se mi respinge, vuol dire che non sono attraente”; “Farò sicuramente una brutta figura”; “Quello che faccio non è mai importante”; “Non ispiro nessuno”; “Non interesso a nessuno”; “Sono ridicola/o e sfinita/o da me stessa/o, perciò il problema sono io”; “Non riesco ad andare avanti così, non servo davvero a niente”; “Se sono timido/a, è perché sono un/a imbranato/a”; “Ogni giorno ho una fissazione nuova, perciò ho capito che sono pazza/o”; “Sono talmente negata/o e perdente, che non mi vorrà mai nessuno”; “Se mi sento sfigato/a e scemo/a, è vero”.


24 settembre 2015



Gli ansiosi sociali, e quindi anche le persone timide, non amano trovarsi in situazioni ambigue, interlocutorie, né in interazioni sociali neutre o incerte; non amano le comunicazioni che non esplicitano significati certi.

Gli studiosi chiamano “intolleranza dell’incertezza” questo modo di percepire, interpretare e reagire, sia emotivamente, sia con i comportamenti, le situazioni d’incertezza.

Gli ansiosi sociali, se sono chiamati a fare una valutazione di tali situazioni, le descrivono come stressanti, procuratrici di disagio, persino assurde.

Domenico Dell'Osso - La vita non ha riva
L’incertezza è considerata come qualcosa d’inaspettato, imprevedibile, incontrollabile. D’altra parte, va tenuto in conto che una persona afflitta da ansia sociale tende a valutare le cose, gli eventi e le situazioni, in termini dicotomici.

Dal punto di vista dei soggetti ansiosi, l’incertezza delinea un futuro vuoto e che, pertanto, è premonitore di negatività.

In breve, gli individui timidi considerano, quelli incerti, eventi negativi e da evitare.

L’intolleranza dell’incertezza è, dunque, un costrutto che si presenta come una distorsione cognitiva che valuta negativamente tutto ciò che non sia ben delineato, che non abbia possibilità d’interpretazioni uniche e precise.

L’incertezza è una condizione che non esclude il rischio, il pericolo, il danno. 

16 settembre 2015


Tra i principali comportamenti e attività metacognitive, tipiche della timidezza e delle ansie sociali, è quella del controllo.

La persona timida o ansiosa sociale svolge le sue attività di controllo in due direzioni, verso se stessa e verso gli altri.

Il controllo indirizzato verso se stessi è un’attività metacognitiva attenzionale volta a valutare le proprie esperienze interne, i propri processi mentali, i propri comportamenti. 

John Everett Millais - morte di Ofelia
L’ansioso sociale avverte preminente il bisogno di verificare la congruità del proprio comportamento, delle proprie performance e dei suoi stessi processi mentali.

Infatti, ponendosi degli standard elevati, e avendo delle credenze negative riguardanti prerogative e capacità personali, sta sempre a controllare tutto ciò che non corrisponde ai suoi criteri da perfezionista, e tutto quanto possa confermare gli schemi cognitivi in cui crede, ma di cui non s’accorge della loro insita disfunzionalità.

11 settembre 2015



La rabbia che scaturisce dalle esperienze emotive dei soggetti timidi e degli ansiosi sociali, può orientarsi in due direzioni, nei confronti degli altri e verso se stessi.

Quando la rabbia è rivolta verso se stessi, i pensieri dominanti sono quelli indirizzati verso una spietata e severa autocritica

Maria Rita Renatti - i am a monster
La persona timida, ansiosa, si rimprovera per non aver saputo gestire la situazione, per non aver saputo controllare se stessa, per non aver saputo cogliere le implicazioni, i significati, gli eventi prevedibili.

La rabbia diventa, quindi, espressione della valutazione di un’esperienza come di fallimento di sé come soggetto sociale, di sé come individuo, ma anche dolore di una sconfitta, per il proprio fallimento, per la propria presunta inadeguatezza.

In questo caso non c’è tanto la non accettazione dell’esperienza, quanto la non accettazione di se stessi. Non a caso la rabbia rivolta verso di sé, è spesso seguita e/o accompagnata anche da sensi di colpa.


1 settembre 2015


Tutti quanti noi, nel momento in cui percepiamo una situazione in cui sia insita una minaccia, che valutiamo come concreta e altamente probabile, assumiamo comportamenti che o ci pongano nelle condizioni di controllare gli eventi nel caso decidiamo di affrontare tale situazione, oppure che ci permettano di evitare il concretizzarsi dei rischi. 

Mariarita Renatti - follie 2
In breve, per rispondere a questi rischi, ricorriamo a comportamenti e processi mentali di difesa detti “coping”.

Dunque, tutti facciamo ricorso ai coping.

Nell’ansia sociale tali comportamenti di protezione costituiscono lo stile operante, abituale e sistematico che caratterizza e determina il riconoscibile tratto caratteriale del soggetto ansioso.

Perché questa differenza tra persone ansiose e non?

Gli ansiosi sociali, e le persone timide, hanno tutti, in comune, alcune paure: essere giudicati negativamente dagli altri, mostrarsi inadeguati agli occhi degli altri, andare incontro a un insuccesso certo.