29 marzo 2016



Krizia evitava gli spazi comuni nel convitto dove viveva, perché era convinta di apparire stupida; Alberto che si percepiva goffo nei movimenti temeva di essere considerato stupido; Gliese si considerava stupida perché non riusciva a spiaccicar parola quand’era con gli altri; Alterio pensava che sarebbe sembrato stupido se avesse tentato di approcciarsi a Giulia; Adele e Curzio temono di apparire stupidi ogni qual volta devono parlare dinanzi a una platea.

Molte di queste persone sentono, su di sé, gli occhi giudicanti degli altri. Immaginano gli altri impegnati a stabilire se la persona che stanno guardando hanno delle qualità negative.

Ma tutti questi “altri” non hanno proprio nulla da fare, che stare a giudicare, guarda caso, proprio questa persona timida? E perché proprio lei e non altri?

Alessio Accalai - haunt
Il problema è che le persone timide si percepiscono diverse, particolari, purtroppo, spesso, non in chiave positiva. La propria diversità è vissuta, al tempo stesso, come colpa e/o come difetto.

Nel corso della loro vita, gli ansiosi sociali, inanellano tutta una serie d’insuccessi, spesso, anche consecutivi. Ciò accresce la disistima verso se stessi e, di conseguenza, anche indecisione e insicurezza.

22 marzo 2016



Tante persone, afflitte varie forme di ansia sociale, ricercano la chiave dei propri insuccessi tra le qualità personali o, in altri casi, nella propria costituzione biologica.

In certi casi anche gli incidenti “sociali” occorsi ad altri vengono fatti corrispondere a proprie manchevolezze, imperfezioni o incapacità. 

In questi ultimi casi, siamo di fronte a una distorsione cognitiva (detta, per l’appunto, personalizzazione) che è un modo del pensare in cui il soggetto pone la propria persona all’origine degli insuccessi e degli incidenti, incorsi agli altri e che si verificano nelle situazioni sociali di varia. 

Elisa Anfuso - De miseria humanae conditionis
Facendo riferimento alla percezione negativa del sé, la persona timida, senza rendersene conto, mette se stessa al centro degli eventi (da cui, in realtà, vorrebbe fuggire). 

In pratica si percepisce come portatore o procuratore di danno agli altri.

In ambedue i casi, il ventaglio delle ipotesi interpretative dei fatti si presenta quanto mai ristretto. L’ansioso sociale, nei suoi processi valutativi, dirige l’attenzione sulle proprie prerogative assunte come deficitarie. Ciò perché, ritenendosi inadeguato, pensa di essere un elemento d’innesco di dinamiche degenerate.


14 marzo 2016



Spesso, quando una persona timida è in presenza di altre persone, o dinanzi una platea, il solo semplice atto del parlare diventa un problema. Sente montare l’ansia dentro di sé, le mani sudano, o cominciano a tremare, la paura ha il volto dell’inquietudine. 

Gli altri non sono percepiti come ascoltatori, bensì, come giudici intransigenti che non perdonano. 

Il timido radiografa se stesso, alla ricerca di sintomi e di prove di una propria defaillance che sta per avvenire. 


Luigi Zizzari - pubblico Caino
Se gli altri sono giudici, egli, vittima della morsa della timidezza, è il colpevole che sta per essere condannato. 

Colpevole di cosa? Di ciò che egli stesso pensa di essere. Le persone timide sono vittime e prigioniere dell’idea che hanno di se stesse. 

Come il ladro, che si sente in sé la colpa, vede poliziotti a ogni angolo, queste anime angosciate vedono riflettersi negli sguardi degli altri e, infine, nella loro mente, l’inadeguatezza che sentono di avere. 


7 marzo 2016



La timidezza si manifesta quando nella mente di una persona si forma e si memorizza, in modo radicato, una definizione negativa di se stessi.

Ciò è vero, non solo per la timidezza, ma anche per tutte le altre forme di ansia sociale.

Relativamente ai problemi di ansia sociale, tali definizioni del sé, dette anche “credenze di base”, riguardano le proprie qualità e peculiarità come soggetto che interagisce nell’ambiente. 
Queste, dunque, riguardano principalmente:


Elena Vichi - Shellshock
  • La capacità di far fronte con efficacia a eventi e situazioni
    che implicano se stessi come soggetti sociali: situazioni e contingenze in ambiente lavorativo, scolastico e sociale in generale, performance di varia natura, relazionamento interpersonale.
  • L’abilità di inserimento sociale , del rapportarsi agli altri e della comunicazione interpersonale.
  • Essere attraenti come persona e suscitare interesse negli altri.
  • Essere meritevoli di amore e accettazione sociale.
  • Essere di ridotta capacità o abilità per nascita.



6 marzo 2016

2 marzo 2016




“Mi sento sotto il livello degli altri”; “mi sento sempre inadeguata rispetto agli altri”; “mi sento un gradino inferiore agli altri”; “mi sento inferiore. una fallita/un fallito” ;  “mi sento inferiore a tutti i miei coetanei” ;  “mi sento sempre inferiore a quelli del mio stesso sesso” ;  “vorrei sentirmi uguale a tutti gli altri senza sentirmi inferiore e stupida/o” ;  “mi sento inferiore a tutti” ;  “perché mi sento inferiore agli altri?” ;  “mi sento inferiore al mio ragazzo/ alla mia ragazza” ;  “non mi sento mai abbastanza” ;, “sono la/il peggiore di tutti”;  “non sono all’altezza degli altri” ;  “tutti sono superiori a me” ;  “non posso neanche immaginare di poter competere con gli altri” ;  “gli altri sono meglio di me”.

Espressioni che ho sentito spesso dalla voce di persone timide o afflitte da altre forme di ansia sociale. 

Il senso d’inferiorità sembra essere una caratteristica primaria dell’auto descrizione di queste persone.

Elisa Anfuso - potrebbe volare ma non vola
Da dove nasce questo sentimento d’inferiorità? 

La timidezza è un disagio di natura cognitiva che si manifesta allorquando, nella mente, si è formata una credenza di base che definisce la propria persona come soggetto fondamentalmente inadeguato, sbagliato, difettoso.

La percezione di una propria inadeguatezza che avverte l’individuo timido innesca un intero processo di pensieri ed emozioni che attivano uno stato d’ inibizione ansiogena.