30 maggio 2016



SECONDA PARTE



Nella timidezza, e in ogni forma di ansia sociale, i comportamenti disfunzionali assumono carattere abituale e automatico finendo, così, con l’essere espressione del carattere del soggetto.

Dato che i comportamenti disfunzionali delle persone timide, sono il prodotto di processi cognitivi che generano emozioni di sofferenza e inibizione ansiogena, il carattere di tali individui assume tratti che non trova corrispondenza con i significati positivi che il gruppo o la comunità conferisce ai comportamenti sociali condivisi e loro corrispondenti modelli comportamentali.

I comportamenti evitanti, di estraniazione, di distrazione, sono generalmente interpretati come indisponibilità all’interazione, non interesse ad appartenere al gruppo o alla comunità, tendenza alla discriminazione sociale (snobismo), disinteresse verso gli obiettivi comuni del gruppo o della comunità.

Margherita Garetti - Punti di vista
Tuttavia, il carattere emotivo dell’ansioso sociale viene percepito dagli altri. 

Quel che viene a mancare è la comprensione del collegamento tra il tratto caratteriale emotivo e le motivazioni comportamentali. 

In pratica le persone, non potendo accedere ai flussi di pensieri del soggetto timido, non potendo avvertire le sue emozioni interiori, valuta i comportamenti per ciò che appaiono e non per ciò che sono.


27 maggio 2016

PRIMA PARTE

“Gli altri si stancano subito di me”, “gli amici non m’invitano”, “gli altri cercano sempre di evitarmi”, “gli amici organizzano le cose senza dirmi niente”, “oramai sto sempre in casa perché non ho nessuno con cui uscire”, “tutte le volte che tento di relazionarmi, è un fallimento”, “perché le persone mi evitano, cos’ho che non va?”.

Molti autori descrivono la timidezza come un tratto del carattere. 

In effetti, una persona timida la si riconosce per mezzo dei suoi comportamenti.

Qua vale la pena chiarire cosa sia il carattere e cos’è un comportamento.


Elisa Anfuso - solitud-es n1
Il carattere è l’insieme dei comportamenti abituali e tipici di una determinata persona. 

Chiaramente, perché un comportamento sia abituale, deve essere adottato con sistematicità e frequenza. 

I comportamenti non sono qualcosa di innato, bensì, si apprendono. Ciò significa che il carattere è un insieme di comportamenti appresi.

È qui abbiamo sfatato un “mito” secondo il quale il carattere sia qualcosa di innato: nulla di più errato. È la storia di una persona (culturale, emotiva, relazionale) che determina il suo carattere.


19 maggio 2016



In genere, quando si parla di dipendenza, si pensa a quella da stupefacenti, alcol, gioco, eccetera. Esiste, però, una forma che è molto più subdola perché legata a comportamenti e modi di pensare abituali e perché, questi, difficilmente sono visti dalla prospettiva della dipendenza. 

In questi casi, i soggetti diventano dipendenti per via dell’abitudinarietà e/o dell’automaticità dei comportamenti e di certi modi del pensare.

Lucia Schettino - My drop. My dream
La dipendenza da un comportamento abituale o da uno stile del pensare è, in realtà, un fatto comune a tutte le persone. Se pensiamo, ad esempio, al carattere, che possiamo definire come l’insieme dei comportamenti abituali che caratterizzano una persona, non possiamo non considerare come l’individuo sia da questo fortemente dipendente: è davvero difficile comportarsi rinnegando il proprio carattere. 

Nelle ansie sociali, purtroppo, la dipendenza dai comportamenti automatici diventa una condanna alla sofferenza.


10 maggio 2016


Nelle ansie sociali utilizziamo il termine “asociale” in modo improprio, nel senso che tale parola afferisce a un individuo insensibile ai fatti, ai problemi e alla vita sociale, non interessato per nulla alla socialità.

La persona afflitta da ansia sociale, invece, aspira a una socialità piena, soffre per il senso di non appartenenza o nel percepire se stessa come appartenente in modo precario. Il suo problema, sta nella difficoltà che incontra nell’interagire con gli altri. 

Lucia Schettino - La caduta delle mie forze
I suoi tentativi di relazionarsi si risolvono, generalmente, in un insuccesso dovuto all’adozione di comportamenti non funzionali al relazionamento sociale, oppure al condizionamento dovuto all’ inibizione ansiogena.

In questo modo, la persona timida, accumula sequenze anche consecutive d’insuccessi, e ciò produce sentimenti negativi, dolore per la non appartenenza, l’idea di un sé come fallito o incapace, l’idea degli altri come indisponibili e respingenti.

2 maggio 2016



SECONDA PARTE 


Una credenza continuamente rinforzata diventa rigida e sempre più resistente al cambiamento. A una maggiore rigidità di una credenza corrisponde una sempre minore aderenza alla realtà e, quindi, a una sua maggiore disfunzionalità.

Un sistema cognitivo che possa fronteggiare gli eventi con efficacia e raggiungere gli scopi, deve necessariamente essere flessibile, capace di adattarsi al mutare delle condizioni, di aggiornarsi e modificarsi, per avere una sempre maggiore capacità di individuare una pluralità d’interpretazioni e soluzioni. Questo è ciò che accade nella normalità.

Dato che le credenze di base si formano ben prima dell’adolescenza, l’infante o fanciullo/a si trova ad avere scarse capacità di invalidare la traduzione in chiave negativa delle esperienze che vive. 

Paul Klee - Tappeto del ricordo
Ciò perché il cervello non ha ancora raggiunto quel livello di sviluppo che gli permette di sviluppare un pensiero astratto compiuto e un’analisi dialettica degli eventi. In pratica, non è nelle condizioni di potersi difendere dalle cognizioni inadeguate

Per una sintetica descrizione delle fasi evolutive del cervello umano nei primi dodici anni di vita ti rinvio al mio articolo “Bambini e timidezza - parte prima”.