27 novembre 2017


Come tutti gli ansiosi sociali, la persona timida ha una gran paura della sofferenza

Essa è percepita come qualcosa che non si è in grado di sopportare, che procurerebbe un tale crollo, psicologico, umorale, e talvolta fisico, da annichilire ogni possibilità di resistenza e/o sopravvivenza.

La delusione di cui sto trattando è da riferire a personali fallimenti, all’abbandono da parte di altri, alla perdita di affetti o di appartenenza, a rifiuti affettivi.

Safwan Dahoul - Dream 751
È il dominio delle mancanze a essere investito. Ma queste non appartengono al passato, bensì, al futuro. La timidezza sconta il prezzo del pensiero previsionale negativo. 

Non che il passato non abbia nessuna attinenza con la paura della delusione; infatti, se questi timori sussistono, generalmente, è perché l’ansioso sociale ha vissuto esperienze negative che l’hanno segnato e che hanno ulteriormente confermato e rafforzato le credenze e gli schemi cognitivi disfunzionali attinenti le prerogative personali o quelle degli altri.

Tuttavia, la paura della delusione è sempre riferita all’ipotesi di sofferenze future. 

22 novembre 2017


Ho spesso sottolineato come la timidezza sia un disagio legato all’interazione sociale che si manifesta in molte forme, caratteristiche e problematiche. In pratica, non tutte le persone timide sono tali allo stesso modo. Tuttavia, alcuni tratti caratteriali risultano essere più diffusi di altri.

La stessa ansia da relazione può manifestarsi in forme differenti e possono essere attinenti a diverse cognizioni disfunzionali.

Per comprendere le ragioni e le cause della dipendenza affettiva, molto diffusa nelle ansie sociali, bisogna cominciare da una questione centrale da cui dipende la formazione e lo sviluppo dell’identità personale. Parliamo dell’attaccamento
Loic Allemand - s.t.

Per spiegarlo partiamo dai bisogni primari dell’essere umano che si attivano sin dalla nascita, e cioè l’accudimento, la protezione, il conforto, la rassicurazione.

Già dalla nascita il neonato genera luoghi di memoria finalizzati al relazionamento con le figure di riferimento, i caregiver che in genere sono i genitori, in tale processo egli ripone delle attese nei confronti degli accudenti e, in funzione del modo con cui questi si relazionano a lui, l’infante sviluppa delle cognizioni di base su sé stesso e sui caregiver. 


13 novembre 2017


Nella maggior parte dei casi, la persona timida fa i conti con la bassa autostima. Con il sommarsi degli insuccessi nelle interazioni sociali, l’ansioso sociale comincia a focalizzare l’attenzione su sé stesso con insistenza  nel tentativo di individuare le cause della propria problematicità al fine di giungere a una soluzione.



Loic Allemand - n.t
Questi tentativi “naif”, come li chiamano diversi studiosi, sono caratterizzati da attività di pensiero emotivo, cioè, da processi cognitivi che tendono a leggere gli eventi, le situazioni, i comportamenti propri e altrui, conferendogli sensi e significati che, anziché essere interpretazioni oggettive della realtà, sono elaborazioni mentali che subiscono il forte influsso degli stati umorali ed emotivi. Il risultato è una interpretazione non aderente all’effettivo stato delle cose.

Sappiamo che alla base della timidezza vi è un insieme di schemi cognitivi formatesi intorno a credenze disfunzionali che ineriscono la definizione del sé, degli altri e del mondo inteso come consesso sociale.



6 novembre 2017


Ai temi di vita corrispondono i piani di vita. Tale corrispondenza comincia a formarsi sin dall’infanzia quando il bambino si trova a dover gestire i temi dolorosi. 

I piani di vita, in sé, non hanno valenza negativa o positiva, essi sono strategie di autoregolazione cognitiva. La loro disfunzionalità si verifica allorquando finiscono col diventare degli antiscopo, cioè, quando sono applicati in maniera rigida a nocumento di scopi e obiettivi, impedendone il raggiungimento.

Giorgio Brunacci - s.t
Nella normalità, i piani di vita sono flessibili, si modificano con le esperienze di vita e, quindi, sono capaci di intercettare le alternative e senza subire le forti limitazioni derivanti da rigide associazioni ai temi di vita.

Nella timidezza, e nelle altre forme di ansia sociale, il piano di vita è rigidamente vincolato al tema doloroso e questo non permette l’apprendimento o la creazione di nuovi piani.

In tal modo il piano di vita resta prigioniero dei contesti storici originari e, pertanto, senza evolversi e/o adeguarsi ai nuovi contesti temporali, alle nuove conoscenze acquisite alla coscienza, alle autonomie raggiunte con l’avanzare dell’età, eccetera.


4 novembre 2017


Per temi di vita s’intendono quei processi cognitivi che la mente elabora sulla scorta delle fragilità emotive personali. Sono, dunque, l’espressione di vulnerabilità emotiva.

Sassaroli e altri ritengono che questa vulnerabilità si manifesti, sostanzialmente, attraverso la tendenza a focalizzare l’attenzione su stimoli vissuti con ansia e stati emotivi di pericolo.

Annette Schmucker - senza titolo 
Sappiamo che la focalizzazione attentiva ha ragion d’essere qualora vi siano attività cognitive e processi valutativi che operano sulla base dell’attivazione di credenze e meta credenze disfunzionali.

Faccio spesso notare come le credenze di base disfunzionali, all’origine delle ansie sociali, quindi anche della timidezza, vertono su definizioni del sé che descrivono la propria persona in termini di inabilità a interagire socialmente, incapacità nel far fronte a determinate situazioni o eventi con efficacia, non meritevolezza d’amore, difettosità innata e/o inferiorità; e su definizioni degli altri o del mondo come fonte di pericolo e minaccia.