27 febbraio 2018


Paura e pensiero sono strettamente legati più di quanto si possa immaginare. Non c’è paura se non c’è pensiero.


La paura subentra quando c’è un pericolo percepito, e ciò indipendentemente dal fatto se il pericolo è reale, possibile, improbabile o remoto, o solo immaginato.

Tuttavia, nella normalità, è piuttosto difficile che un pericolo solo immaginato, improbabile o remoto, possa far scaturire l’emozione della paura. Infatti, un pericolo considerato possibile ma non proprio tangibile induce più che altro livello di paura di bassa intensità come una leggera preoccupazione.

John Henry Fuseli - The Nightmare
Nelle ansie sociali, invece, anche un pericolo alquanto improbabile, remoto o solo immaginato, può indurre stati di paura anche di alta intensità come il terrore.

La differenza sta nel valore, e quindi nella validità, che si conferisce al dominio delle ipotesi. 

Nella timidezza, ma soprattutto nelle forme di ansia sociale patologica, la discriminazione tra possibilità e probabilità si riduce fino anche a divenire due concetti sovrapponibili, talvolta, coincidenti con il concetto di realtà.


20 febbraio 2018


Possiamo dire che dove c’è timidezza c’è anche insicurezza. È però errato pensare che siano sinonimi tra loro. Infatti, l’insicurezza è una conseguenza della timidezza o di altre forme di ansia sociale.

L’insicurezza nasce dall’incertezza, dalla mancata sicurezza nei risultati e nelle conseguenze.

Le persone timide soffrono pesantemente la mancanza di certezza. 

La variabilità degli esiti, la mutevolezza della realtà, delle situazioni, delle possibili configurazioni degli eventi e dei fatti, costituiscono un fattore di instabilità emotiva.

Alex Hall - Relativity 
I soggetti timidi hanno credenze di base e schemi cognitivi irrigiditi nel tempo per mezzo di esperienze avverse comportanti giudizi sfavorevoli su sé stessi e/o sugli altri, esperienze vissute con sentimenti e pensieri di fallimento e di conferma delle auto percezioni negative di sé.

Avendo questo retroterra cognitivo e psicologico, hanno un paniere di possibilità interpretative della realtà molto ristretta. 

L’estrema variabilità del mondo reale è qualcosa che li sconcerta, destabilizza, soprattutto, impaurisce.

La mutevolezza degli eventi e delle loro configurazioni, la dinamicità del divenire, crea notevoli difficoltà interpretative ai soggetti timidi che già vivono con ansia e trepidazione quelle esperienze che fronteggiano con decisa preoccupazione: hanno pochi schemi di interpretazione che utilizzano a ripetizione.

La persona timida avverte il bisogno di un “attracco” sicuro, un porto protetto che la mette al riparo dalle turbolenze del mare tempestoso.

12 febbraio 2018


Quando in psicologia si utilizza il termine fuga si fa riferimento a un insieme, una intera tipologia di comportamenti evitanti.

Ciò che si tende ad evitare è la sofferenza; non oggettiva, ma solo quella presagita dai pensieri previsionali che, a loro volta, sono anche sorretti dal comparire delle emozioni di paura e dall’incedere dei sintomi d’ansia.

Né possiamo escludere alcune strategie cognitive figlie delle attività metacognitive come la preoccupazione e il rimuginìo.

Carmen D'Auria - se cerchi fuori anneghi dentro
Dunque, ciò che concretamente si tende a evitare è la stima di un danno che si prevede di subire e che si suppone essere di difficile sopportabilità.

L’idea della non sopportabilità della sofferenza derivante da un danno fisico, materiale o psicologico assume rilevanza centrale ai fini della decisione di adottare un comportamento evitante.

I comportamenti di fuga costituiscono l’atto finale di un articolato processo cognitivo di elaborazione. 

Per rendere meglio l’idea, faccio un esempio facendo riferimento a una casistica piuttosto frequente nel mondo delle persone timide.

Supponiamo che Alberto desideri approcciarsi a Krizia, la donna di cui si è innamorato. La sua mente dovrà valutare un insieme di fattori. Che strumenti dovrebbe utilizzare? Probabilmente una certa dose di eloquenza, dovrà inventarsi una scusa che gli possa permettere di avvicinarla. Alberto pensa: “sono bravo a fare queste cose?”, "cosa le dico?". 

In pratica si chiede se ha le competenze e le abilità giuste. 

8 febbraio 2018


Quando una persona si trova a dover fronteggiare una situazione, nella sua mente si attiva un processo articolato. Valuta il tipo di situazione, gli strumenti che occorrono per destreggiarsi con efficacia, le qualità proprie necessarie, le azioni da compiere.

Benché si tratta di una operazione complessa, l’intero processo elaborativo può durare appena pochi istanti. 

Generalmente, questo svolgimento è gestito dai processi di valutazione automatica. La loro automaticità già ci dice che le elaborazioni coscienti sono state bypassate, saltate. 

Silvano Bruscella - interferenza
I processi di valutazione automatica fanno riferimento a dati di conoscenza, che possono anche essere schemi logici, e sono innati o appresi. Nei casi di conoscenza appresa, solo quei processi di valutazione cui si fa ricorso in modo abitudinario e, quindi, lungamente rodati, acquisiscono carattere automatico, come accade per i pensieri automatici.

Ma torniamo al momento in cui bisogna fronteggiare il futuro evento. Valutata la situazione e gli strumenti di cui si è bisogna, la mente accede alla memoria contenenti le informazioni sul sé, cioè sulle definizioni che riguardano sé stessi in termini di capacità a fronteggiare gli eventi con efficacia, di abilità nell’interazione sociale, di amabilità e attraibilità, quindi attiva le credenze di base