27 marzo 2018


Accade sovente che si invita una persona timida al pensare positivo. Personalmente, preferisco suggerirle di pensare in modo possibilista poiché la vita è fatta di gioie e di dolori, pertanto bisogna imparare a ragionare e pensare tenendo conto di una più ampia gamma di scenari possibili della realtà, ma senza precipitare nel pessimismo.

Perché si fanno di questi inviti? 

Mark Tobey - entre la serenite et linquietude
Perché la mente delle persone timide, durante o in prossimità di esperienze che vivono con ansia, preoccupazione e paura, è attraversata da pensieri negativi, funesti, catastrofici.

Il loro è un pensare emotivamente, cioè, condizionato, in modo assai significativo, dalle emozioni, dai sentimenti e dai convincimenti profondi negativi che si hanno su sé medesimi e/o sugli altri.

Nella formazione del sistema cognitivo logico sono intervenute esperienze di vita vissute in condizioni emotive di sofferenza e memorizzate con tali tristi impronte. Ciò che si verifica è che quanto doveva essere una descrizione della realtà oggettiva è, invece, una rappresentazione emotiva dell’esperienza. 


22 marzo 2018


Quando una persona timida si definisce “asociale”, in realtà, descrive una condizione di solitudine e ci racconta di una sofferenza che nasce dal conflitto tra paura di soffrire per l’insuccesso sociale e il forte desiderio di appartenenza.

Affermare che una persona timida che assume, come stile di vita, il ritiro sociale sia un asociale è da considerare una forzatura.
Fabio Selvatici - vuoto

Per definizione, un soggetto asociale è colui che è totalmente disinteressato agli interessi, ai sentimenti e alla vita sociale degli altri ed è anche sinceramente disinteressato a mantenere relazioni interpersonali.

Nel caso delle persone timide, ma anche di tutte coloro che sono afflitte da altre forme di ansia sociale, il ritiro sociale è da considerarsi una condizione del disagio e della sofferenza interiore nel vivere la socialità.


13 marzo 2018



Il ritiro sociale è la conseguenza di una resa emotiva. 

Come nelle forme di ansia sociale, anche nella timidezza si verifica un susseguirsi d’insuccessi; spesso, però, questi sono apparenti, supposti, previsti ma non vissuti, evitati; in breve, frutto del solo pensiero umano.

Giorgio De Chirico - solitude
La timidezza esiste quando si hanno pensieri negativi su sé stessi che vanno a descrivere, o definire, le qualità personali in relazione a tutto ciò che ha a che fare con la socialità, l’essere individuo sociale, l’agire e il vivere in un sistema di interazioni interpersonali.

Se una persona timida si trova a vivere, o a dover affrontare, una situazione che attiva nella propria mente un flusso di pensieri che, in un modo o in un altro, sono emanazione di quelle convinzioni negative del sé, finisce col fronteggiare l’esperienza sentendosi già sconfitta a priori.

9 marzo 2018


Tra i problemi più diffusi che possiamo riscontrare nelle persone timide c’è senz’altro l’interazione con individui dell’altro sesso.

Il problema è sostanzialmente di natura cognitiva, come del resto, la timidezza stessa. Tuttavia, c’è un fattore che incide moltissimo, ed è il lacunoso o mancato apprendimento di modelli relazionali.
Paul Delvaux - l'incontro

Le cause di questa mancata o insufficiente conoscenza sono da ascriversi nella timidezza stessa, nell’ambiente familiare in cui si è cresciuti, forse, nel temperamento ansioso.

Vivere nella condizione di essere una persona timida, comporta una certa dose di ritiro sociale, abitudini comportamentali improntati all’evitamento, la difficoltà a sviluppare relazioni interpersonali. 

Tali limitazioni implicano il mancato esercizio delle abilità sociali di cui si è in possesso e la difficoltà o l’impossibilità di apprenderle.