21 giugno 2018


Nella timidezza, quando parlo di dissociazione temporale, mi riferisco a uno stato mentale in cui si è dissociati dal momento presente e, in certi casi, dall’applicazione logica del pensiero in modo temporaneo.

Luigi Zizzari - Dissociazione
In pratica, si è con la testa altrove, completamente distaccati e assenti, in quel momento, da quel che accade intorno. Può anche accadere che in questo stato mentale si verifichi un rallentamento o una difficoltà nell’esperire attività logiche legate alla gestione del momento presente.

La si potrebbe anche descrivere come una condizione di estraniazione dalla realtà presente o dalle contingenze problematiche del momento.

La dissociazione temporale rende la persona timida assente sia riguardo a fatti che si verificano nell’ambiente fisico circostante, sia rispetto all’interazione interpersonale, sia rispetto all’attenzione verso sistemi di comunicazione.

In tale condizione l’attività mentale dirige la propria attenzione nella sola direzione dei flussi di pensiero estranianti, questi possono essere a tema oppure divaganti.
Si tratta di una forma di anedonia atipica spesso legata anche all’apatia.

Probabilmente, la dissociazione temporale è una conseguenza di uno stato di apatia, per cui, il mancato interesse verso la realtà esterna a sé, verso quel che accade nel momento presente, è indotta da una difficoltà adattiva.

È chiaro che la dissociazione temporale è un comportamento mentale evitante così, come sembra lo sia anche l’apatia anche se, quest’ultima è più strettamente collegata a una crisi motivazionale.

Sicuramente, dissociazione temporale e apatia appaiono come strategie inconsce di fuga dalla sofferenza o dal timore di essa.

Talvolta la dissociazione temporale e l’apatia possono manifestarsi o sfociare in attività di day dreaming poco mobili o di scarsa costruzione creativa. In questi casi la mente tende ad evadere partendo dal sogno ma senza riuscire a costruire un ipotetico vissuto in modo continuo, sequenziale e/o organico, cioè priva di una vera trama.

Solitudine e difficoltà relazionale sono, in massima parte, il sottofondo esistenziale che sottendono la dissociazione temporale e l’apatia.

Il soggetto timido avverte un senso di costrizione ad agire da solo senza alcuna forma di sostegno o condivisione da parte di altri.

Spesso la persona timida sente di non poter contare sugli altri o, per una supposta indisponibilità altrui, oppure per una difficoltà o supposta incapacità nel manifestare la propria condizione emotiva. In ambedue i casi non si riesce a operare richieste di aiuto.

Le persone che vivono una condizione persistente e pervasiva di timidezza, o di altra forma di ansia sociale, hanno serie difficoltà anche nella descrizione della propria condizione di sofferenza. Le problematiche che sentono di vivere, appaiano, più che altro, come un insieme molto esteso e confuso; per cui sentono di non saper neanche da dove cominciare a raccontare.

Riassumendo, mentre l’apatia è l’espressione di uno stato di demotivazione che scaturisce da idee riguardanti il senso di impotenza, la vanità di ogni tentativo di soluzione, la teoria del destino, l’impossibilità del cambiamento o comunque l’incapacità ad agire in modo risolutivo ed efficace; la dissociazione temporale è evasione emotiva e, purtuttavia, si configura come una strategia di comportamento mentale evitante e automatico che sfugge del tutto al controllo cosciente.


11 giugno 2018



La svalutazione del proprio valore come persona, o delle qualità personali in termini di capacità, abilità, attraibilità, sono alla base della bassa autostima che hanno come conseguenza il giudizio negativo di sé che conduce a una percezione di indegnità.

Angela Vecchio - Lacrime gialle
Il non sentirsi degni di attenzione, quindi, è una percezione condizionata dall’interazione tra descrizione negativa del sé, i suoi effetti nel relazionamento sociale e il giudizio di sé.

Nella timidezza questi tre fattori che ho appena descritto possono essere considerati sia in una disposizione sequenziale, sia all’interno di un fenomeno circolare.

È chiaro che se si ha una percezione negativa delle proprie qualità, i comportamenti che ne conseguono non possono non essere condizionati, e significativamente, dall’idea che si ha di sé. Di conseguenza tali comportamenti finiscono con l’essere “marchiati” dalle tendenze a rifuggire da sofferenze conseguenti a ipotetici fallimenti, oppure dalla “predazione” da parte dell’inibizione ansiogena.

Giacché la persona timida tende a valutare le cause dei propri insuccessi come risultato delle presunte qualità negative personali, a finire sotto accusa è essa stessa come persona.

L’evoluzione, nell’homo sapiens, dei processi emotivi, con l’espansione cerebrale alla neocorteccia, con la formazione della coscienza e la capacità di produrre pensiero astratto, ha fatto sì che emotività e razionalità potessero interagire dando vita all’uso del giudizio. 

Questo, infatti, è espressione di un processo di elaborazione mentale che va oltre la valutazione oggettiva e materiale della realtà, fino a diventare valutazione di qualità o di valore etico o morale. 

6 giugno 2018


Nell’auto descrizione di sé, collegate alla timidezza, troviamo spesso due termini, autostima (ovviamente bassa) e disistima. Impulsivamente siamo portati a considerare queste due parole come sinonimi l’una dell’altra.

Eppure, una bassa autostima non costituisce, di per sé, una mancanza di stima.

L’autostima ci indica il grado di fiducia che abbiamo nella nostra persona e nelle nostre capacità e abilità. Dunque, una bassa autostima sta a indicare una scarsa fiducia nei propri mezzi e, quindi, la convinzione di avere scarse o nessuna probabilità di riuscire a fronteggiare una situazione con efficacia.

La disistima ci conduce a un livello più grave rispetto alla mancanza di fiducia in sé. Essa esprime un giudizio sulla propria persona e sulle personali prerogative qualitative.



1 giugno 2018



La timidezza è una forma di disagio sociale di natura cognitiva che si manifesta nell’interazione interpersonale e che è caratterizzata dal sentimento di paura principalmente rivolta alle conseguenze di un giudizio degli altri negativo.

Le cause della timidezza sono più d'una. A quella (o quelle) originarie vanno sommandosi altre nel corso del tempo, ciascuna generata da quelle precedenti. Si tenga conto che a ogni reazione a stimolo corrispondono delle conseguenze, quindi hanno delle implicazioni. Si tratta di processi che si auto alimentano e auto complicano perché le conseguenze sono, a loro volta, causa di altri problemi.

Alessio Serpetti -OLTRE GLI SPAZI ESISTENZIALI
Il fattore causale originario della timidezza è il sistema cognitivo riferito alle definizioni del sé, del sé-con gli altri e degli altri (anche intensi come insieme sociale).

In particolare tali definizioni sono modelli interpretativi e descrittivi della realtà, credenze incentrate sui temi della capacità a far fronte agli eventi con efficacia, abilità nel fronteggiare il mondo relazionale, amabilità e attraibilità come persona, sanità biologica.

Il problema sorge quando queste credenze piuttosto che essere interpretazioni della realtà oggettiva, sono descrizioni di un mondo ed esperienze vissute emotivamente.